Peraldaccio

l Mulino Azzini ed il Mulino di Donato

Dopo aver superato il bivio per Sanguineta, proseguendo sulla Strada Comunale di Peraldaccio, si arriva rapidamente a Peraldaccio di Sopra.

Scendendo lungo una viottola, superando un lavatoio, tra le case di Peraldaccio di Sotto, si continua la discesa verso il torrente Carigiola.

Dopo aver attraversato il fosso di Peraldaccio si presenta alla vista il Mulino Azzini.

Il mulino ha un corpo lungo e non molto profondo, frutto di ampliamenti realizzati in epoche differenti:

sul retro, nascosto alla vista, resta il bottaccio che ancora mostra l’ingresso dell’acqua nell’Inferno.

In origine, quando esisteva solo il corpo centrale con la doppia stanza delle macine al piano terra, si trattava di un mulino a due palmenti.

Con il succedersi degli anni e l’avvicendarsi delle necessità produttive fu portato a tre palmenti, addossando al corpo centrale il vano sulla sinistra del fronte principale.

Infine, all’inizio del Novecento, fu aggiunto il corpo di destra. Al mulino erano connesse anche la cannicciaia e la stalla per i muli del servizio di prelievo e riconsegna della farina.

I toponimi con cui è conosciuto il mulino – Mulino di Menica e Mulino Azzini – ricordano le famiglie di mugnai che gestirono l’impianto negli ultimi secoli:

gli Azzini lo mantennero attivo fino agli anni Sessanta del Novecento quando, a seguito della generalizzata crisi dell’agricoltura con conseguente

spopolamento dei centri minori, l’attività molitoria declinò.

Continuando a percorrere lo stradello si passa la gora di derivazione del mulino: accompagna il nostro percorso di risalita del Carigiola e ci conduce verso il punto

di prelievo delle acque, in corrispondenza dei resti di un edificio oggi in stato di rudere.

Siamo quasi al Mulino di Donato, che appare notevole distraendo la nostra attenzione dal ponte in pietra ad un’arcata che conduce verso Gagnaia attraverso il sentiero Cai 64.

Il contesto è suggestivo: il rumore dell’acqua che scorre nel Carigiola contribuisce ad amplificare il fascino di questo luogo. L’edificio,

risultato dalla giustapposizione di corpi edificati in epoche diverse, si pone davanti a noi ad occupare un’ansa lasciata dal torrente.

In primo piano restano le arcate di uscita delle acque: sul retro si addossa il margone. Al corpo centrale, il più antico, si affianca sulla destra un corpo alto e stretto.

La sua funzione era di fare da scambio tra la Centrale e la Valdarno, la societa che gestiva l’elettricità prima dell’Enel. Sul corpo edilizio aggiunto a sinistra è d’obbligo

rilevare la presenza di un esemplare di forno inserito in un vano coperto da volte in mattoni.

Il Mulino era noto anche come Mulino dei Marchi, dal cognome dei mugnai che per secoli mantennero e fecero girare le tre macine dell’impianto,

la terza delle quali fu ag giunta nel corso dell’Ottocento, come confermano le me morie orali dei discendenti.